domenica 31 dicembre 2023

Ringraziamo il 2023 e diamo il benvenuto al 2024

Oggi festa della Santa Famiglia, e ultimo giorno dell'anno, ringraziamo DIO Padre e la mamma Celeste Maria Madre della Chiesa per tutte le Grazie visibili ed invisibili. Per il prossimo anno 2024 ci auguriamo Tanti nuovi equilibri in tutti i campi, sociali, economici, religiosi, umanitari e soprattutto nel rispetto reciproco di Gentilezza e premurosa accoglienza, ci auguriamo la fine di tutte le guerre e la ritrovata PACE. Dove c'è equilibrio c'è unità!
Auguri di un sereno e di salute per il nuovo anno 2024!
Riportiamo un pensiero estratto dal gruppo WhatsApp dei Servi della Madonna di Jaddico:
25  e 31 dicembre 1962
🌹🌹🌹🌹
Dal diario di Giuseppina Cassano (moglie di Teodoro)

- Giorno 25 dicembre 1962

Molti fedeli si riunirono di fronte al quadro della Madonna per recitare il S. Rosario. Erano le 19,30. Il tempo era rigido e pioveva a dirotto, impedendo a Teodoro di inginocchiarsi, come sempre faceva, ai piedi della Sacra Immagine. Teodoro stava assieme a tutti noi fedeli sotto la protezione di legno sistemata di fronte al rudere sul quale c'è l'affresco della Madonna, e con noi recitava il S.Rosario. Erano le ore 20.30, ed eravamo quasi alla fine delle preghiere, quando un raggio luminoso, colpì Teodoro in pieno, rendendolo impotente a muoversi. Subito dopo Teodoro ebbe una forza soprannaturale e in estasi si mosse guidato dal fascio di luce in direzione del rudere. La figlia Tina, vedendo suo padre muoversi ad occhi chiusi, preoccupata, ha tentato di trattenerlo, ma Teodoro svincolatosi con energia, ha proseguito più in fretta, fino a raggiungere il suo posto abituale dove tutte le sere era solito recitare le preghiere. Lì rimase per un po’ di tempo immobile, con gli occhi fissi avanti a se, in direzione del dipinto raffigurante la Madonna, e poi avvilito ed abbattuto ritornò tra tutti noi fedeli dicendo: "Dobbiamo pregare molto, ed amare la Madonna. "Il raggio di luce del quale abbiamo parlato, questa volta non fu visto da tutti i presenti, fu solo lui a vederlo.
 
-Giorno 31 dicembre 1962

Quella sera dietro l’invito di Teodoro, alle ore 23,15 ci siamo recati a Jaddico per recitare il S. Rosario. Eravamo circa 33 fedeli. Abbiamo lasciato gli svaghi della notte di capodanno per andare a pregare ai piedi della Madonna. Ringraziavamo per l’anno che era trascorso, nello stesso tempo aspettavamo l’anno nuovo. Allo scoccare delle ore 24 tutti eravamo immersi nella più fervida preghiera, quando dalla città sono giunti alle nostre orecchie il fischio delle sirene, annunzianti il nuovo anno. Nei nostri cuori è passato un fremito di commozione, pur trovandoci a quell’ora in un luogo così solitario, però tanto bello. Nessuno ebbe modo di distrarsi, anzi la nostra fede si rafforzò, e le nostre preghiere aumentarono per la S.Vergine. Questa nostra grande devozione alla Madonna ci fu largamente ricompensata da Lei stessa, perchè vedemmo illuminato ancora una volta il rudere in cui è dipinta la sua immagine, inebriando i nostri occhi della Sua luce divina. Tanto intensa era questa luce che avvolse ancora una volta il rudere che porta l’immagine della Madonna, inoltre illuminò anche la capanna dove era adagiato il Bambino Gesù, erano le ore 0,30 del nuovo anno 1963, anno che iniziava sotto i migliori auguri con la benedizione della Madonna
🌹🌹🌹💖💖💖🌹🌹🌹
... Chi ha ancora pazienza a leggere... per questo fine anno 2023, Riportiamo un articolo del Quotidiano di Puglia del 8 dicembre 2022...
Articolo giornalistico riportato anche sul sito _www.messinareligiosa.it/?p=15655_
Santuario di Jaddico, la Chiesa riconosce autentiche le apparizioni della Madonna.

L’8 dicembre la diocesi di Brindisi ha pubblicato il comunicato ufficiale in cui riconosce come “autentiche” le apparizioni della Madonna al santuario di Jaddico. La Chiesa dunque dichiara veritiere le visioni del brindisino Teodoro D’Amici avvenute tra il 1962 e il 1963.

La nascita e la storia del santuario risalgono appunto a quegli anni, periodo in cui il vigile urbano Teodoro D’Amici afferma di aver ricevuto delle manifestazioni della Madonna grazie alle quali riesce a riportare alla luce, proprio all’interno delle campagne della zona, un affresco dipinto sul muro di una casa diroccata raffigurante la Vergine Maria con Gesù Bambino tra le braccia.

Il santuario di “Jaddico” è dedicato alla Madonna come “Maria Madre della Chiesa”. E’ il primo Santuario al mondo ad esserle dedicato con questo titolo dal 1965. Costruito appena sotto a quella che sarebbe diventata la super strada, su una parallela minore eppure visibile da sopra, si trova la Chiesa, con all’esterno una fonte d’acqua.

Nella notte tra l’11 e il 12 Agosto 1962, un vigile urbano di Brindisi, Teodoro D’Amici, fa un sogno: sente una voce femminile dolcissima che lo invita a raggiungere un luogo, in campagna, dove c’è un muro fatiscente ma sul quale è ancora visibile un affresco della Madonna col bambino. La voce gli dice: “Portami ceri e fiori”.“A che ora?” – risponde lui – “A mezzanotte”.
La notte tra il 14 e il 15 Agosto, giorno dell’Assunta, Teodoro si reca nel luogo indicato. I sogni continuano e il devoto vigile torna al rudere, insieme alla moglie, la notte del 20 Agosto. Qui, mentre pone i fiori nel vaso, il rudere si illumina di una luce intensa che rende brillante l’affresco. Teodoro cade in ginocchio e pronuncia queste parole: “Dimmi quello che vuoi Madonna mia, e mi farò servo tuo, per accontentarti”.

Lo strano fenomeno si ripete ancora la notte del 27 agosto e del 31. In queste notti non si illumina solo il dipinto ma l’intera campagna circostante. Nel frattempo la voce si è sparsa e molte persone assistono al fenomeno della luce. Il 6 settembre Teodoro sogna di andare a trovare la Madonna, che sembra aspettarlo in una piccola strada di spine. Gli dice: “Figlio mio, ho tanto freddo, coprimi”. Teodoro intuisce in quelle parole la volontà di costruirle intorno una casa, un Santuario.
La notte del 7 Settembre, è la notte che sancisce l’avvenimento più importante. Mentre Teodoro è in preghiera con altri familiari ed amici, sente come dei rumori provenire dalle spalle del muro affrescato. Fa il giro. In quel momento a Jaddico avviene la prima apparizione della Madonna. Teodoro è in piena coscienza; la Madonna è in carne ed ossa. L’intensità dell’incontro é cosí forte che Teodoro quasi sviene.

Il 17 Ottobre fa un altro sogno: vede degli operai che stanno gettando le fondamenta della Chiesa ma del cemento gli va nell’occhio, che inizia a bruciare. Allora la Madonna gli dice: “Va da quella parte dove c’è l’acqua mia, lavati, e tutto passerà”. Questo sogno viene confermato il 5 Novembre, dopo che il muro si illumina di nuovo per una durata di circa 5 minuti; mentre Teodoro è in ginocchio, sente la Madonna pronunciare queste parole: “Ciò che tu vedi gli altri non potranno vedere. Cerca l’acqua mia e la troverai”. Il 21 Novembre, dopo giorni di ricerca, vengono alla luce quattro polle d’acqua, è acqua sorgiva.
Da quel giorno, senza sosta, i fedeli portano malati a quell’acqua e diverse sono state le guarigioni e i miracoli. Utilizzando tutti i suoi risparmi, contraendo debiti e chiedendo donazioni che generose arrivano dalla gente, Teodoro fa sí che i lavori continuino senza sosta. Il 27 Maggio 1963 è la data dell’ultima apparizione della Madonna a Jaddico, con l’ultima illuminazione.

Sono presenti piú di 70 persone. Nel silenzio e nella preghiera si alza un grido: “Ecco la Madonna!” Ad averla vista stavolta però non era stato Teodoro, ma una ragazza sordomuta, che piangendo indica il quadro (Aleteia, 6 settembre 2021)A custodire il Santuario giorno e notte sono i Padri Carmelitani scalzi. La Madonna scelse di apparire ad un vigile urbano. Non a dei bambini, non a dei consacrati. Ma ad un uomo che nella semplicità della sua vita provava a vivere da cristiano vero. La Madonna di Jaddico è la Madonna della porta accanto, della contrada sconosciuta, della campagna che circonda i nostri paesi, della strada.

Nel 1965, dopo le necessarie verifiche effettuate da monsignor Nicola Margiotta (l’arcivescovo brindisino dell’epoca) circa il carattere sincero della devozione popolare nascente, l’edificio appena sorto viene intitolato a Santa Maria Madre della Chiesa. Un nome che rimanda agli eventi ecclesiali di quegli anni (durante il Concilio Vaticano II appena concluso, il papa Paolo VI aveva invocato la Vergine proprio con questo appellativo).

Nonostante la bellezza del posto, le conversioni avvenute, i pellegrinaggi, i sentiti ed emozionanti percorsi di fede e il riconoscimento da parte dei vescovi brindisini sulla valenza spirituale del luogo, l’approvazione ecclesiale sulle affermazioni di Teodoro D’Amici non arriva e nulla viene espresso in maniera definitiva rispetto al fenomeno che dà le origini al santuario.

È monsignor Domenico Caliandro, supportato da tre teologi censori, a decidere di chiarire definitivamente la vicenda e la natura delle apparizioni. Da lì, a stretto giro, arriva la conferma: quanto accaduto a Jaddico è da ritenere vero e soprannaturale. «I fedeli di Brindisi possono riconoscere ora a tutti gli effetti di essere stati visitati dalla Beata Vergine Maria», si legge nel comunicato stampa diramato dell’Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni.
Il Santuario di Santa Maria Madre della Chiesa è sempre stato riconosciuto da tutti i cristiani e dai fedeli (brindisini e non, dal momento che resta frequentato da persone provenienti anche da altre province) come un luogo importante e con un profondo e radicato significato spirituale, ma adesso con tutta probabilità lo sarà ancora di più (Quotidiano di Puglia, 8 dicembre) .



mercoledì 27 dicembre 2023

Pellegrinaggio mensile dicembre 2023

Ultimo pellegrinaggio mensile di fine anno, oggi 27 dicembre 2023, ringraziamo tutti i pellegrini assidui a tener fede a questa tradizione di preghiera ed arrivo al Santuario Maria Madre della Chiesa Jaddico 
Partenza ore 14,30 dalla casa di Teodoro, nei pressi la Chiesa San Vito Martire.
Uniti in preghiera per tutti gli ammalati ed invochiamo l'intercessione del nostro Teodoro servo prediletto di Maria, per la Pace in tutte le martoriate terre in guerra.
In questo giorno ( san Giovanni evangelista) Auguri di un buon Natale e auguriamo un anno Nuovo di speranza e gentilezza. 

domenica 10 dicembre 2023

Quel serpentone luminoso di auto in processione fino al Santuario di Jaddico

La Gazzetta del mezzogiorno commenta il pellegrinaggio automobilistico della festa dell'Immacolata



Ancora notte, prima della partenza, sull'auto che apre il corteo automobilistico la Madonna con alle spalle il monogramma "AM" AVE MARIA, con accanto Padre Emanuele Grimaldi, uno dei Padri Carmelitani del Santuario di Jaddico.



Alla fine della messa, prima di essere congedati, il Vescovo Intini si sposta sul sagrato del Santuario da dove benedice le auto che gremiscono il piazzale e naturalmente tutti coloro che le guidano e che le utilizzano.







Di seguito si riportano gli articoli di giornali gentilmente concessi dalla Gazzetta del mezzogiorno del 9 e del 7 dicembre 2023, dove si ricorda il nostro caro fratello Rescio Rino, l'ultimo testimone delle apparizione della luce avvenuti a Jaddico.


 Gazzetta del Mezzogiorno 7 dicembre 2023

Gazzetta del Mezzogiorno 9 dicembre 2023 

venerdì 8 dicembre 2023

52° pellegrinaggio automobilistico a Jaddico

Oggi ore 6,30 Santa Messa Beata Vergine Maria Immacolata
Questa notte in attesa dei pellegrini in auto partiti dal Duomo di Brindisi. Fedeli in veglia e in preghiera per gli ammalati e per la Pace ☮️.
Foto del pellegrinaggio 




sabato 2 dicembre 2023

Ciao Rino Rescio, ultimo testimone degli avvenimenti straordinari a Jaddico

"Illuminato dalla Tua LUCE ed inebriato dal Tuo Profumo" Teodoro Rescio è accompagnato dalla Mamma Celeste alla Casa del Padre.

Con mestizia il 1 dicembre del 2023, l'ultimo testimone delle Illuminazioni del Muro a Jaddico, oggi Santuario Maria Madre della Chiesa in Brindisi, comunichiamo la dipartita del nostro caro Servo della Madonna Rino Rescio
Oggi 2 dicembre, i funerali presso la Chiesa della Pietà ore 15,00

I Servi della Madonna, oggi, come ogni primo sabato del mese, sono in preghiera al cimitero vicino alla tomba di Teodoro D'Amici. 
Gli amici e tutti coloro che lo amano, si stringono con affetto ai loro familiari e pregano per Rino e sicuramente Rino pregherà sempre per noi!



Riportiamo alcuni articoli e testimonianze dal "timone di Brindisi" dove il nostro caro amico Rino Rescio testimonia la sua presenza agli eventi straordinari dell'illuminazione del Muro di Jaddico.

🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏🙏


IL FASCINO SEGRETO DI JADDICO E QUELLA LUCE MISTERIOSA

Nei ricordi dei fratelli Rescio
(tratto da “Il muro di Jaddico” di Dario Amodio)

“Un giorno – ricorda Elisabetta Rescio – la mamma mia, rientrando a casa, ci raccontò che si era incontrata coi fratelli Consales, Mario e Ugo, i quali le avevano parlato di quello che stava accadendo a Jaddico. “Lo sai che abbiamo visto la luce della Madonna? - dissero – Perchè non venite anche voi? Quant'è bello! È una cosa incredibile, una cosa che non si può descrivere”.

A casa c'era mio fratello Rino, che allora era giovane. “Noi non possiamo andare – disse – non teniamo la macchina, senza macchina non si può andare”.

“Senti – fece allora la mamma – io la macchina te la compro, però tu ci porti a Jaddico, anzi, ti impegni a farci fare là l'intero mese di maggio. Ci stai?” “Affare fatto!” rispose lui.

Comprarono una seicento e così, dall'inizio di maggio (1963) e per tutto il mese, Rino Rescio si recò ogni sera a Jaddico per accompagnare la madre e le sorelle.

“Era stupendo, - ricorda Elisabetta – in quell'ombra scura della sera dire il rosario in raccoglimento, era come stare in Paradiso”.

Non ha mai saputo però un fatto strano che il fratello ha sempre tenuto segreto.

“Appena arrivai la prima volta a Jaddico – ricorda infatti Rino – e vidi il muro con l'affresco della Madonna, immediatamente sentii una fortissima attrazione.

Non riuscivo a staccarmi. Sembrava come se fossi stato catturato da una calamita, da una forza misteriosa, invisibile, più forte di me. Ero sconcertato, ma non ne parlai con nessuno.

Al termine del rosario la riunione si sciolse ed io riportai i miei a casa.

Ma quella sera non riuscivo a dormire: mi rigiravo nel letto in preda ad una inquietudine che non mi sapevo spiegare. La visione di quel muro era continuamente davanti ai miei occhi. Alla fine mi alzai, mi rivestii e uscii di casa, presi la macchina e tornai tutto solo a Jaddico in piena notte. Non ebbi paura a tornarci da solo. C'era qualcosa che mi attirava in quel luogo, davanti a quel muro, e questa forza era più forte della mia paura. Quando arrivai non trovai nessuno. Restai lì per un po', recitai qualche preghiera, e alla fine, rinfrancato, feci ritorno a casa.

Anche in seguito quel muro ha esercitato su di me un fascino misterioso. E almeno due, tre volte la settimana (allora ero contadino), indipendentemente da mia madre e dal gruppo di preghiera, a diverse ore del giorno, sentivo il bisogno di fare un salto a Jaddico. Molte volte vi ho trovato Teodoro sempre occupato a fare qualcosa. Un cenno di saluto e poi ognuno restava raccolto nei suoi pensieri”.

Ma prima che si chiudesse quel mese di maggio del 1963 un altro fatto clamoroso doveva accadere: l'illuminazione del muro. Ecco come i due fratelli ricordano quell'evento.

Elisabetta: “Era il 27 maggio 1963. Era di sera tardi, intorno alle ore ventitrè. Una serata bellissima. C'erano una cinquantina di persone, forse di più. Stavamo tutti riuniti sulla strada non asfaltata, quella che oggi corrisponde più o meno al cancello d'ingresso che si trova tra l'attuale complanare e l'inizio del piazzale.

Noi stavamo là, aspettavamo, dicevamo preghiere, ma c'era nell'aria come un senso d'attesa, come se da un momento all'altro dovesse accadere qualcosa; io avevo paura al punto che dentro di me dicevo: “Meglio che non vedo niente”. A pensarci bene, non era nemmeno una vera paura, ma qualcosa che sentivo nel cuore legata all'attesa.

L'aria era silenziosa, non si sentiva volare una mosca. Però ogni tanto si avvertivano dei rumori, come un fruscio, nel canneto che si trovava nel canalone, cioè nel burrone che c'era tra noi e il muro della Madonna, tra la strada e la chiesa. Un canalone profondo dove c'erano anche rovi, rifiuti e sterpaglia, pietre di ogni dimensione e materiale di scarico.

Dunque, si sentivano questi rumori provenienti dal canneto, da dentro le canne. Uno strisciare come quando ci sono tanti serpenti. Qualcuno diceva: “Questi sono i diavoli”.

Ed ecco che all'improvviso abbiamo sentito un tuono forte e ci siamo buttati faccia a terra come tante pecore; e subito dopo si è diffuso un grande splendore che si stendeva sopra di noi, e somigliava al colore della luna. Non era bianco. Era una luce fosforescente, come se fosse azzurro, come la luna; non si capiva da dove usciva. Non si vedeva il muro.

Una cosa, pure che la racconti, non si può immaginare, non si può capire proprio. È una cosa differente da come la dici. Pure le pietre piangevano! Era una cosa che tremavi. Tutti! Noi dicevamo: “Madonna, proprio noi, cristiani che non capivamo neanche che significa la vera fede, che abbiamo avuto questo grande dono dal Signore”.

Tornammo a casa con una sensazione di smarrimento. Siamo rimasti così, svegli, tutta la notte, come ubriachi, imbambolati. Tutti erano rimasti sbalorditi. Pensa che uno, dopo che aveva visto la luce, si sedette sopra una pietra e non si muoveva. Non si muoveva. Rimase là non so per quanto tempo”.

Ed ecco lo stesso fenomeno di quella stessa sera come fu vissuto e come tutt'ora è vivo nel ricordo del fratello Rino Rescio.

“Io ho assistito alla illuminazione una sola volta: la sera del 27 maggio1963. Quella sera c'era un silenzio di tomba. Erano circa le ventitrè e trenta, non si sentiva passare una macchina, tacevano anche le rane del vicino acquitrino. Eravamo fuori del mondo. Ricordo che c'erano tante persone. Tutto ad un tratto sentii che Teodoro gridava: “Eccola, eccola!” e corse vicino all'affresco della Madonna davanti al muretto diroccato e si inginocchiò.

Allora sentii come un tuono, un rombo come un tuono che veniva dal cielo e arrivò sul muro ed esplose una fiammata tremenda, e tutto si incendiò di luce fino al cielo mentre noi come accecati ci coprimmo gli occhi con le mani e cademmo in ginocchio, piangendo. Mo' mi scappano pure le lacrime! - esclama Rescio, commosso, al ricordo di quel fatto -.

Era, quello di allora, un pianto spontaneo generale e irrefrenabile. Eravamo 50-60 persone. Tutti a piangere. Poi quando Teodoro venne da noi sembrava come assente e addosso aveva quel profumo che ti stordiva.

La luce, come l'ho vista io, sembrava composta da tanti colori. L'affresco raffigurante la Madonna col Bambino diventò uno splendore, colori vivissimi. Durò pochi attimi. Una luce più che solare. C'erano tante stelline, stelline colorate, gialle, dorate, piccolissime, ma ricordo anche venature di altri colori: celeste, rosso, rosa. L'occhio riuscì a reggere solo al primo impatto, ma poi dovetti abbassare gli occhi. Diventammo come delle formiche, ci rendevamo conto che stavamo davanti ad una realtà immensa, enormemente più grande di noi, e noi eravamo tutti delle formichine”.



L'esperienza di Teodoro D'Amici e la testimonianza di tanti laici agli avvenimenti "straordinari" di Jaddico. 

Sapete cos'è "l'occhiatura”?, lo so, non lo sapete.

Una parola d'altri tempi, una parola che ha il sapore del dialetto brindisino, una parola della quale solo i vecchi di Brindisi ancora ne conoscono il significato.

I brindisini, quelli di antica data, tramandavano la notizia dell' ”occhiatura“ di Jaddico. Insomma, per capirci, a Jaddico era nascosto un tesoro.

Nessuno sapeva dove. Eppure era lì.

Un mistero circondava quel muro di Jaddico. Il giovane Rino Rescio, ora ottantenne, raccontava di un camminamento sotterraneo che da Jaddico portava al mare.

Nel 1962 i giornali locali scrivono di fatti prodigiosi che accadono a Jaddico.

Le voci dei brindisini si rincorrono: "una farsa", dicono. Si tratta di una manovra, di una messa in scena che Teodoro ha messo in piedi per prendere possesso di quel tesoro. Una tesi avvalorata anche dal fatto che a Jaddico si inizia a scavare. Fremono infatti i primi lavori per la costruzione della futura chiesa, e naturalmente si parte dalle fondamenta.

Sappiamo tutti quanto Teodoro sia stato riservato sui fatti di Jaddico. Non ama parlarne. Se alcuni giornalisti di Brindisi, segnalano questo comportamento del D'Amici altri, addirittura, si lamentano.

Alla fine, messo alle strette, D'Amici cede, finalmente parla ed ammette: "Il tesoro di Jaddico io l'ho trovato, quel tesoro è la Madonna."

Ma adesso sarà bene tracciare brevemente il profilo di questa persona.

Può capitare che tra colleghi, tra vigili urbani, si possa dire: "Vedi quella macchina che sta passando? A quello devi fare la multa."

Queste sono parole che Teodoro dice ad Antonio Pronat, un suo collega con il quale fa servizio in motocicletta e fa pattuglia nella città di Brindisi.

Quando arriva il momento, basta un colpo di fischietto, un'alzata di paletta e la macchina viene fatta accostare. C'è sempre un buon motivo per fare una multa.

Antonio Pronat ha pronta la penna che già poggia sul verbale da compilare e, come d'incanto, proprio in quel momento, sopraggiunge Teodoro D'Amici.

"Ma che stai facendo?, è un mio amico, non fare la multa."

A questo punto l'automobilista è fidelizzato, ed è quindi in debito con Teodoro D'Amici, il quale ora può chiedergli tutto ciò di cui ha bisogno.

Questo è l'uomo vecchio che Teodoro, dopo i fatti di Jaddico, abbandona.

In casa era conosciuto come una figura dolce, una figura amabile. Quando, invece, calcava l'asfalto della città, sembrava che mettesse addosso una corazza.

Alberto Del Sordo nei suoi scritti dice che, quando Teodoro stava sulla pedana circolare di legno, e dirigeva il traffico, sembrava un generale che stava per combattere un'aspra battaglia.

Ma passiamo al momento in cui la Madonna invita Teodoro a venire a Jaddico.

Lo invita e lo rinvita, secondo Alberto Del Sordo per due volte; secondo la versione di Cassano Giuseppina, la moglie di Teodoro, per tre volte; ribadita dal giornalista Ettore Giorgio Potì che in quel tempo scriveva sulla Gazzetta del Mezzogiorno.

Teodoro aderisce all'invito e l'11 agosto 1962 va a Jaddico a pregare. Torna a Jaddico il 20 agosto, perchè ancora una volta la Madonna, in sogno, gli rinnova l'invito. In questa ultima occasione lo accompagna la moglie, la quale rimane in macchina. Teodoro si avvicina al muro dove sistema i ceri e i fiori e in quel momento viene sorpreso dall'illuminazione del muro. Teodoro parla alla Madonna e le dice: "Dimmi quello che vuoi e mi farò servo tuo."

Queste parole erano state già dette duemila anni prima. Ma come faceva Teodoro a sapere queste cose? E' facile intuire la risposta, anche se Teodoro non ha mai aperto un Vangelo e non ha mai aperto la Bibbia.

La Madonna aveva detto quelle stesse parole duemila anni prima: "Sono la serva del Signore, si compia in me ciò che è stato detto."

Teodoro si fa servo di Maria, Maria si fa serva di Dio.

Teodoro dice: "Farò tutto quello che vuoi", la Madonna dice: "Si compia in me la volontà di Dio. Tutto quello che Dio vorrà."

Teodoro si fa servo della Madonna e, quando un gruppo di persone si stringe intorno a lui, si costituisce in Pia Associazione di preghiera, e prende appunto il nome di "Pia Associazione dei Servi della Madonna."

Conosce l'Ave Maria, conosce le preghiere più importanti. A messa va qualche volta durante l'anno, magari a quelle comandate, e fa un segno di croce davanti ad una chiesa. Ma il rosario, quello, mica lo sa dire. Naturalmente stiamo parlando di Teodoro!

Cosimo Melacca abita a poche centinaia di metri dal muro di Jaddico. L'Ente Riforma gli aveva assegnato una abitazione ed anche un terreno.

Lavora quel terreno e così la sua famiglia ha di che mangiare e di che vivere.

Doniselli è la marca della bicicletta di Cosimo. Con quella raggiunge la città per fare la spesa e assicurare a quelli di casa di poter mangiare per almeno due giorni; poi rientra con tutte le buste appese su un lato e sull'altro del manubrio e con un sacco pieno di otto-nove chili di pane. Devono mangiare dodici persone. Aveva dieci figli.

In questo modo lui fa il suo rientro da Brindisi e, prima di raggiungere la sua abitazione, passa davanti al muro di Jaddico e si ferma per dare un saluto alla Madonna.

In uno di questi viaggi nota che la nicchia che si è venuta a creare sotto l'immagine della Madonna, appena un po' più a destra, è diventata tutta nera. Qualcuno ha sistemato dei ceri, e la carta o la plastica si è incendiata e il fumo ha annerito quella cavità.

A Melacca non va giù questa cosa, perchè lui va a pregare davanti a quel muro. Non può tollerare che questo sia accaduto e si chiede chi possa essere stato.

Teodoro D'Amici è la risposta dei contadini del luogo da lui interpellati.

Ora Melacca non aspetta altro che incontrare quel D'Amici per cantargliene quattro.

Intanto Teodoro D'Amici che, come sappiamo, va anche lui a Jaddico, davanti a quel muro, trova per terra una corona e chiede anche lui alle persone che lavorano nelle campagne circostanti, a chi appartiene la coroncina.

A Cosimo Melacca gli rispondono e gli dicono pure come fare a raggiungerlo, dove andare a trovarlo.

Teodoro va a trovare Cosimo a casa sua. L'incontro avviene sul piazzale, al di fuori dell'abitazione; Teodoro subito gli chiede: "Ma tu hai perso una corona davanti al muro?"

"No", è la risposta di Melacca.

Lui, uomo di fede e di preghiera, si vergogna di dover ammettere che ha perso la sua coroncina.

"Ma sei proprio sicuro?", incalza Teodoro.

"Io non ho perso nessuna corona", risponde e, per dare valore alle sue parole entra in casa, prende la corona, che non è sua, ma della moglie, e la mostra a Teodoro; a quel punto Teodoro sfila dalla tasca della sua giacca la corona che ha trovato davanti al muro e mentre la regge con due dita, gli dice: "Questa è la tua corona". Cosimo Melacca cede e ammette.

I due si conoscono. I due si incontrano daccapo quella sera stessa davanti al muro e assieme pregano la Vergine Maria.

Ancora Teodoro non capisce, ma la Madonna già lo guida e lo tiene per mano, per questo motivo inizia, attraverso un percorso di umiltà e di svuotamento di se stesso ad avere la forza di affidarsi a Dio.

Teodoro ormai accetta la vita nuova dell'uomo nuovo che ora abita in lui, e attraverso la sua persona, attraverso la sua vita, si rivolge a Dio con le stesse parole che Gesù aveva pronunciato: "Non sia fatta la mia, ma la tua volontà."

In questo percorso di formazione la Madonna ha bisogno della preghiera, gliel'ha chiesta, e gli mette a fianco un contadino, Cosimo Melacca, perchè imparasse, anche attraverso l'uso della coroncina.


LA MADONNA DI JADDICO E IL VIGILE URBANO
La storia di Teodoro D'Amici, un cammino di fede che ha portato all'edificazione del santuario
(da Brindisi 7 – quindicinale di informazione della provincia di Brindisi anno XI n. 6 – 18 apr / 1 mag 2003)


A vederlo dirigere il traffico in divisa, il vigile urbano Teodoro D'Amici incuteva rispetto e timore. Impettito su quelle pedane mobili in uso prima dei semafori, autoritario e rapido nei gesti, quando alzava la mano inguantata e fermava una macchina, erano dolori. Non la perdonava a nessuno.

Per questa sua forza di carattere lo destinavano ai servizi più scomodi. Nel giorno dei morti, il 2 novembre, lo trovavi all'incrocio di Porta Lecce, alla confluenza di tutte le correnti che con ogni mezzo si riversavano al cimitero. Taciturno, sguardo severo, s'era fatta la fama del tipo burbero e intrattabile. Solo pochi intimi sapevano che dietro quella ruvida scorza si nascondeva un uomo semplice e gioviale.

Prima di entrare nel Corpo dei Vigili urbani aveva dato una mano al padre che di mestiere faceva il caporale nello stabilimento vinicolo di Ugo Guadalupi, poi aveva venduto carbone per la ditta Bellocchi, che aveva un grande magazzino alla Commenda. La sera trovava il tempo di frequentare una palestra per imparare a tirare di boxe; ma la prima volta che salì sul ring per fare sul serio, prese tante botte, che ritenne salutare chiudere per sempre con la noble art.

La cartolina precetto lo chiamò alle armi nell'Esercito e lo destinò a Barletta. Un giorno di libera uscita, passando per un giardino pubblico, notò una ragazza che gli piacque. La corteggiò per qualche tempo, quindi decise che sarebbe stata sua moglie. Si sposarono nella cattedrale di Brindisi e inizialmente andarono ad abitare nella sovraffollata casa paterna; ottenuto il posto nella polizia municipale, si trasferirono in una casetta , che negli anni sarebbe stata allietata dall'arrivo di tre figli (due femmine e un maschio). Ed anche per lui iniziò una vita di lavoro e casa, casa e lavoro, con lo stipendio che non basta mai, la macchinetta a rate, la domenica a messa, quando si può, e il precetto di comunicarsi almeno una volta a Pasqua.

Vizi? Niente di particolare, tranne una certa debolezza per la buona tavola e un bicchierozzo di vino, perchè no?, da condividere in riunioni conviviali con amici. “Allora diventava un simpaticone, un compagnone, un vero spasso” ricorda Rino Rescio, uno di quelli che ogni tanto si riunivano alla masseria Pigna Flores per sacrificare un capretto o un vitello e innaffiarlo col buon vino.

Quando ecco che sulla pacifica esistenza di Teodoro D'Amici, sul lento e tranquillo scorrere del tempo, irrompe l'uragano.

Succede una cosa incredibile, che si stenta a credere, e che infatti molti all'inizio non crederanno: la Madonna, proprio lei , la madre di Gesù, entra nei sogni di Teodoro e gli parla. La prima volta avvenne la notte tra il 12 e il 13 agosto 1962.

D'Amici sognò di trovarsi a Jaddico, a qualche chilometro da Brindisi, in aperta campagna, una contrada che non godeva buona reputazione perchè nei primi anni del secolo era stata teatro di duelli rusticani all'arma bianca. Sognò di trovarsi davanti ad un muro sbrecciato, diroccato, affogato in un canneto, tra spine di rovi, ortiche e sterpaglia; sul muro, sfregiato dal tempo e dalle intemperie, si intravedeva un affresco raffigurante una madonna con bambino. La Madonna di Jaddico, che ora, nel sogno, lo invitava a tornare a mezzanotte del 14 agosto “con fiori e ceri”.

D'Amici è sconcertato, ma non ne parla con nessuno, nemmeno con la moglie. Intanto si procura fiori e ceri. E quand'è la sera del 14, verso le undici, chiede al suo compare dirimpettaio, Elvio Martinelli, di accompagnarlo. Quello acconsente con una certa riluttanza sia per l'ora tarda, sia per l'aria di mistero che circonda quel viaggio in macchina. La sua apprensione cresce lungo la strada quando si rende conto che si stanno inoltrando per contrade solitarie. Luoghi adatti ai briganti, pensa Martinelli, oppure ai fantasmi, visto ch'è quasi mezzanotte.

Ad un certo punto D'Amici ferma la macchina sul ciglio di una strada di campagna.

“Tu aspetta qui.” gli dice allontanandosi nel buio con fiori e ceri.

Scende per la scarpata, si destreggia tra sassi, cespugli e sterpaglia, si avvicina al muro diroccato dove c'è l'affresco della Madonna, accende due ceri, deposita i fiori in un recipiente di fortuna, si inginocchia e recita una preghiera, una di quelle poche che conosce, e neanche bene, non essendo quel che si dice un cristiano “praticante”. I due tornano a casa silenziosi. Martinelli va rimuginando sul senso di quella strana spedizione e probabilmente comincia a pensare che il suo compagno non ha tutte le rotelle a posto. Una volta a casa, alla moglie sospettosa che chiede il motivo di quella uscita fuori ordinanza, Teodoro adduce vaghi “motivi di servizio”.

Nei giorni seguenti sembra tornato tutto alla normalità. E' stato un sogno, pensa D'Amici; non è il caso di farne parola con nessuno. Chi mi crederebbe? Ha ragione. Se raccontasse di aver incontrato il diavolo, questo si, lo crederebbero in molti, visto che gode fama di essere un tipaccio; ma che la Beata Vergine Maria scegliesse di parlare con lui, con la guardia municipale D'Amici Teodoro, questo era fuori da ogni ragionevole aspettativa. Invece la dolce Signora del cielo torna nei suoi sogni e lo invita di nuovo a Jaddico per la sera del 20 agosto, sempre a mezzanotte. La sera del 20 agosto, provvisto di fiori e candele, Teodoro si accinge a partire da solo perchè il Martinelli, c'era da aspettarselo!, non se la sente di seguirlo. Ma la moglie, che ha tenuto d'occhio i preparativi, si offre di accompagnarlo. “Va bene – fa lui dopo qualche esitazione – andiamo!”

Quando arrivano sul posto è buio pesto; in compenso c'è una bella stellata.

“Siamo arrivati.” dice Teodoro.

“Cosa fai? - chiede lei ansiosa – Dove vai?”

“Aspettami qui. Appoggio i fiori, accendo le candele e torno.”

Così dicendo scompare nel buio scendendo per una scarpata che porta al “quadro” della Madonna. Passa qualche minuto; ed ecco che improvvisamente si accende una luce: un bagliore illumina il muro.

“E' la luce della Madonna – spiegherà un po' frastornato Teodoro al suo ritorno – Il quadro della Madonna si è acceso da solo. Quella era la sua luce. “

La Madonna torna a farsi sentire ancora in sogno, e gli da appuntamento a Jaddico per il successivo 27 agosto. Ancora una volta la moglie ode distintamente le parole che il marito pronuncia mentre dorme: “... Hai gradito i fiori? Devo portarne altri?... lunedì... non mancherò all'appuntamento... a mezzanotte.”

Questa volta si parte per Jaddico in comitiva. Oltre a Teodoro con la moglie, c'è il piccolo Tonino (undici anni), loro terzogenito; vi torna il Martinelli con moglie e suoceri. Assistono tutti al ripetersi del fenomeno dell'illuminazione. Naturalmente, nessuno è in grado di darsi una spiegazione logica, e anche i più riottosi cominciano a pensare trattarsi di un fenomeno soprannaturale. La storia continua.

C'è un nuovo appuntamento per il 31 agosto, al quale presenziano otto persone, e tutte assistono all'illuminazione del rudere. La notte del 6 settembre la Madonna, in sogno, gli chiede di costruire una chiesa: “...Ho tanto freddo, coprimi!”

A mezzanotte del 7 settembre altro appuntamento a Jaddico.



LA MADONNA DI JADDICO E IL VIGILE URBANO
La storia di Teodoro D'Amici, un cammino di fede che ha portato all'edificazione del santuario
(da Brindisi 7 – quindicinale di informazione della provincia di Brindisi anno XI n. 6 – 18 apr / 1 mag 2003)


Raccolto in preghiera, Teodoro è in ginocchio davanti all'affresco. E' buio completo, solo si distingue il puntino rosso di un lumino acceso davanti alla Madonna. A qualche passo da lui (una ventina di metri) assistono in silenzio, compresi dell'evento, parenti e amici, undici persone in tutto.

Ad un certo momento si odono rumori provenienti da dietro il muro diroccato, rumori simili a quelli che fa il brecciolino scaricato da un automezzo. Teodoro, incuriosito, si alza per andare a vedere; ma quando si affaccia dietro al muro, gli appare la Vergine Maria nel suo splendore. E' in piedi, sopra un tufo. Dal palmo delle mani aperte e rivolte in basso si sprigionano fasci di luce che risplendono tutt'intorno e illuminano la scena e la campagna circostante per centinaia di metri. Tutti vedono la luce, solo Teodoro vede anche la Madonna e resta abbagliato dal suo fulgore. Cade in ginocchio davanti a lei, poi, vinto dall'emozione, si accascia al suolo, svenuto. Quando gli si avvicinano per soccorrerlo, la luce si “spegne” e torna tutto nelle tenebre. Ancora in ottobre si verifica un'altra illuminazione alla presenza di Teodoro, dei suoi familiari, di un contadino della zona, Cosimo Melacca, e quattro delle cinque sorelle Mele. In tutto nove persone.

Ricorda Marcella Mele: “La bufera di vento che ci aveva accompagnati per tutta la serata cessò di colpo. Tutti i rumori tacquero, compresi i grilli che fino a quel momento avevano tenuto un coro assordante. Calò un profondo silenzio. Ed ecco che il nostro sguardo fu attratto da una stella alta sulla nostra testa, che solcò il cielo e scese sul muro. In quell'istante il muro si accese di una luce sfolgorante vista da tutti. Anch'io, come gli altri, caddi in ginocchio per terra esclamando: Vergine Santa! Misericordia! Dopo una decina di secondi, una seconda stella si staccò dal cielo e seguendo il percorso della prima cadde sul muro e la luce si spense. Anche i rumori, il vento e i grilli, ripresero.”

Il 5 novembre il muro si illumina per la sesta volta. La luce rimane “accesa” più a lungo. Qualcuno misura il tempo: cinque minuti primi. Un fotografo presente nota che l'irradiazione si proietta per una distanza di circa quattrocento metri; nota inoltre che la luce non produce ombre. Teodoro D'Amici, in ginocchio davanti all'affresco, ode distintamente queste parole: “Ciò che tu vedi, gli altri non potranno vedere. L'acqua c'è.” Seguono altre manifestazioni luminose; in tutto saranno quattordici, l'ultima avviene la sera del 27 maggio '63 davanti ad una piccola folla di devoti in preghiera, non meno di settanta persone. Tra gli altri è presente il professore Del Sordo, studioso di storia locale, persona notoriamente vicina alla curia arcivescovile. Ecco come descrive il fatto: “In un fiat, il rudere si illuminò di luce intensissima, argentea, sicchè lo sbiadito affresco della Vergine apparve come rinnovato e vivo nei colori della veste e del manto. Calcolai che non meno di cento riflettori messi insieme avrebbero potuto offrire un trionfo di luce come quello. Dopo pochi secondi tornarono fittissime le tenebre, mentre tutti in ginocchio piangevano e pregavano.” La signora Carlina, vedova di Ugo Consales, uno dei più fervidi sostenitori di Teodoro, conserva di quei fatti una memoria lucidissima. “La luce – ricorda – non veniva dall'esterno, non c'era nessuna fonte luminosa esterna che si proiettava sul muro diroccato. Era piuttosto una luce interna, come se il muro con tutte le sue pietre e i mattoni sbrecciati modificasse all'istante la sua struttura fisica e chimica e diventasse un muro di luce. Un muro povero e diroccato che nel buio della notte risplendeva come un sole.”

Un amico di vecchia data di Teodoro, Rino Rescio, operaio metalmeccanico, che era presente quella sera, non trova facilmente le parole per descrivere il fenomeno. “Era buio – ricorda – eravamo riuniti in preghiera. Un po' prima di mezzanotte ci fu un grande silenzio intorno a noi, non si sentivano più neanche le rane del vicino acquitrino. Eravamo come fuori del mondo. Ad un tratto Teodoro gridò: “La luce! Ecco la luce!” e corse vicino all'affresco della Madonna e si inginocchiò. Subito dopo noi sentimmo un rombo simile al tuono che veniva giù dal cielo e si abbatté sul muro; allora esplose una fiammata tremenda, e tutto si incendiò di luce in tutte le direzioni, fino al cielo, mentre noi come accecati ci coprimmo gli occhi con le mani e cademmo in ginocchio piangendo. Un pianto spontaneo generale e irrefrenabile. Ci sentivamo piccoli piccoli davanti ad una realtà immensa.

Quella luce – continua commosso – è indescrivibile, era piena di stelline gialle, piccolissime, dorate. C'erano tanti fasci di colori insieme: celeste, rosso, rosa e naturalmente, bianco. L'affresco diventò uno splendore, ravvivato da colori purissimi. Durò pochi secondi, dieci-quindici, poi tutto ripiombò nel buio più totale. E quando Teodoro tornò da noi era inebetito, sembrava ubriaco; da lui e intorno a lui promanava un meraviglioso profumo di fiori che stordiva.”

Straordinaria è la testimonianza di Vittorio Stasi di Mesagne che ricorda quell'evento del 27 maggio di quaranta anni fa, e tutt'ora ne parla in preda ad una forte emozione. “Era buio. Il cielo stellato. Teodoro si staccò da noi e andò a inginocchiarsi davanti all'affresco della Vergine. Entrò in estasi e mentre era in quello stato, intorno si sentiva un meraviglioso profumo di fiori. C'era assoluto silenzio, non si avvertiva il minimo rumore. In quel momento sentii uno schianto e sul muro della Madonna, dopo il guizzo di un lampo,apparvero più di cento fiammellerosso fuoco. Appena queste si spensero il muro si accese di un bagliore solare che illuminò tutta la contrada.”

E Teodoro D'Amici? Come viveva quell'incredibile avventura? Cosa pensava lui stesso di quei fenomeni di luce e dell'apparizione della Vergine? Come ne parlava in privato, a quattr'occhi, coi figli e con la moglie? I suoi lo ricordano schivo e riservato anche con loro. Alla gente che lo fermava per strada assetata di curiosità, e gli chiedeva, lo pressava per sapere, per conoscere i fatti nei particolari, opponeva un silenzio ostinato.

Continuava a fare il suo lavoro: è rimasto nel corpo dei vigili urbani fino a quando è andato in pensione; intanto sempre più spesso tornava a Jaddico e vi dedicava ogni momento libero. C'era tanto da fare: ripulire il terreno intorno al muro, sarchiare, spianare, zappare, recuperare le macerie della vecchia chiesa, puntellare il muro, colmare i fossi, trovare l'acqua che la Madonna gli aveva detto di cercare, pensare a un progetto costruttivo di una chiesa che inglobasse l'affresco. Tutto da solo.

Tra quelli che fin dall'inizio seguivano i fatti di Jaddico e che gli si erano stretti intorno, primi fra tutti i fratelli Consales, molti si offrivano di contribuire alle spese, ma la sua risposta era “no grazie”, farò da solo perchè la Madonna l'ha chiesto a me; almeno il rustico della chiesa lo tirerò su con le mie sole forze, poi si vedrà.” E si tuffava in un'attività febbrile con l'aiuto di una squadra di muratori, come se volesse fare in fretta, come se quel lamento della Madonna (“ho tanto freddo, coprimi”) meritasse una pronta risposta. Sta di fatto che in pochi mesi il rustico è ultimato. Teodoro ha rispettato l'impegno; ora, per costruire il resto, completare e ampliare, ben venga l'aiuto di tanti devoti che si riversano numerosi: sorgerà la sacrestia, un porticato, un vasto piazzale per le macchine, un campanile.... ormai si pensa in grande, anche perchè le offerte, in denaro e in oro, arrivano generose. E la Chiesa, cosa pensava della cosa? Ufficialmente non ne parlava, ma teneva d'occhio quel movimento spontaneo che era sorto improvviso e si stava allargando intorno alla pietà del vigile D'Amici; il quale, accogliendo ora anche il contributo di tanti amici, portava avanti il programma dei lavori per la costruzione della sua chiesa. Per il momento non emergevano motivi d'allarme: la gente si limitava a ritrovarsi la sera a Jaddico per recitare un rosario e sperare nell'eventualità di un segno dal cielo. Non restava che vigilare con discrezione nell'attesa che maturassero i tempi e consentissero una lettura inequivocabile dell'intero fenomeno. Comunque, il vescovo Margiotta si teneva costantemente informato.

In meno di due anni la chiesa è sorta; col tempo è sorto un complesso di edifici con una casa-convento che è stata affidata ai padri carmelitani scalzi. L'otto dicembre 1965, ad appena tre anni dall'inizio dei fatti prodigiosi, alla presenza di diecimila fedeli e con rito solenne, la nuova chiesa è stata benedetta dal vicario monsignor Franco e dedicata a Maria, Madre della Chiesa; qualche anno dopo un altro vescovo, Settimio Todisco, la promuoverà santuario. Adesso è meta di pellegrinaggi.

Teodoro D'Amici è morto da dieci anni e un busto sul piazzale lo ricorda ai viandanti che si fermano a tutte le ore, di giorno e di notte, perchè la chiesa è sempre aperta, com'era all'origine, mille anni fa, quando era tenuta dai Cavalieri del Santo Sepolcro.
Ed è proprio nelle ore notturne, intorno alla mezzanotte, che la chiesa si anima di ombre che scivolano silenziose. Persone anche lontane dalla fede, che in quest'eremo solitario, lontano dal mondo e dalle suggestioni, nel silenzio della notte, trovano il coraggio di inginocchiarsi davanti ad un'antica e sbiadita icona di “madonna con bambino”.




Mostra Titolo del Post in evidenza

Accadde il 25 aprile 1963

Dal diario di Giuseppina Cassano, moglie di Teodoro D'amici - Giorno 25 Aprile 1963 ""      Come tutte le sere immancabilmente...