mercoledì 10 gennaio 2024

Ciao Roberto Dorosi: Testimonianza di una conversione

Il nostro fratello Roberto è ritornato alla Casa del Padre. A quanti lo hanno conosciuto, ai parenti ed amici il nostro Grazie per la sua autentica Conversione. La nostra vicinanza e preghiere alla famiglia e agli amici 🙏❤️
Riportiamo la notizia dal gruppo Servi della Madonna di Jaddico. Da Tonino D'Amici un " Paginone" di commovente riflessione .
🙏❤️🙏🙏🙏❤️🙏
ROBERTO DOROSI 
Ha passato gli ultimi 4 anni, sicuramente olanche di più, in un letto del Focolare.
"Non parlamenti di Dio se no perdiamo l'amicizia" diceva, invece poi Dio l'ha conosciuto e la sua è stata una bella conversione.
Comperava coralli di diversa forma e colori e ne faceva coroncine del rosario, le faceva benedire e le regalava.
Ha testimoniato Dio, "credeteci perché è vero", diceva.
Tante volte è venuto a Jaddico a dire il rosario delle 23.00, ma eravamo già in cinque in macchina e allora con disinvoltura pur di venire prendeva posto nel portabagagli.
Il nostro Antonio Vincenti con Pino Bianco lo andavano a trovare al Focolare e gli portavano il sacramento della Comunione.
Io ero "lu lazzaroni" perché non andavo più da lui a causa della mia fragilità e del Covid che mi aveva bloccato per 14 mesi senza più uscire da casa.
Ha sofferto tanto, ha scontato i suoi peccati e di tanta sofferenza ne possono beneficiare anche altre anime.
È in Paradiso.
🙏❤️🌹
Questa pagina, per la verità un paginone, ci parla di Roberto Dorosi, ma sopratutto andando avanti nella lettura ci rendiamo conto che lui è il veicolo che ci consente di raccogliere una testimonianza su Jaddico e su Teodoro.
Se vorrete leggerla sarà bene che vi sediate.
Alcuni di voi la conoscono già:
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Scindi abbasciu, ca tagghia squartari la panza”
(e non solo)
Spesso il Signore mette sulla nostra strada persone dalle quali c’è tanto da imparare, tanto da ascoltare e anche, quando siamo capaci di farlo, di dare loro qualcosa.
Io non ero così, mi dice Roberto Dorosi, le persone che mi conoscevano mi chiedevano se mi era successo qualcosa e quelli di casa erano molto preoccupati perché non ero più io.
Avevo conosciuto un amico e, attraverso di lui, altre persone che mi avevano fatto capire l’importanza della preghiera, e mi avevano anche insegnato a pregare.

Il mio linguaggio era ricco e colorito, e le parolacce, ma soprattutto le bestemmie, erano un intercalare con le quali, spesso con rabbia, condivo ogni mia frase. Più bestemmiavo e più mi sentivo bene, quasi stessi mangiando pasta culla carni. Per dirla in breve, quando ero arrabbiato min di scia di capu e mi assianu li veni an canna (me ne andavo di testa, fino a vedersi sporgere le vene del collo), e quando a Natale tutti baciavano il Bambino, io lo sputavo.

Avevo sfidato Dio, a lui avevo detto: “Se è vero che esisti, scindi abbasciu, ca cu nnu curtieddu tagghia squartari la panza” (scendi giù, che con un coltello ti devo aprire la pancia)”.

“Ma cosa ti è successo, non stai bene?” mi chiedevano quelli che mi conoscevano.

Quelli di casa non osavano farmi domande, e cercavano di trovare una risposta interpellando le persone che io frequentavo: è scemu, è diventatu fessa, commentavano tra loro, ed erano preoccupati, perchè siccome avevano intuito qualcosa pensavano fossi stato plagiato da qualcuno, circuito da una setta.

Tutti notarono subito un cambiamento in me. Era cambiato il mio modo di parlare, non mi sentivano nemmeno più bestemmiare, ed anche i miei modi di fare erano cambiati.

Una trasformazione che stupiva e sorprendeva anche me.

Avevo accettato Dio come Padre, e assieme ad altre persone avevo iniziato a pregare con quelle preghiere che nemmeno più ricordavo, perché non facevano più parte della mia vita. Ma soprattutto gli altri pregavano anche per me. Ora, quando si presentava l'occasione, parlavo agli altri di Gesù, della Madonna. Lo facevo a modo mio, così come io potevo. Le parole uscivano sole, perchè uscivano dal cuore. Le persone che mi ascoltavano si emozionavano, a loro dicevo che credevo, che Dio esiste e credetemi, è vero, credeteci.

Il mio divertimento, l’hobby che ormai da tanti anni riempiva, e tutt’ora riempie, il mio tempo libero è la pesca.

Ne ho pescato tanto di pesce, quintali. E mentre io pescavo i pesci per dare loro la morte, gli altri (i pescatori di uomini Mt. 4,19) hanno pescato me, il pesce più grosso, e mi hanno riportato alla vita.

Durante le giornate di pesca, quelli che prendevano posto dalle mie parti mi temevano, perchè quando arrivava il pesce io non capivo più niente, mi trasformavo.

E così, dopo tanti, tanti giorni di nulla, finalmente una giornata pescosa. Il pesce arrivava in abbondanza, ed era un cala e piglia.

Fu in questa circostanza che ad un nostro amico e vicino di panchina abboccò il pesce. Doveva essere enorme perchè lui non riusciva a tirarlo fuori dall'acqua per quanto era pesante, e questo pesce si dibatteva e si spostava sotto la nostra panchina, da destra a sinistra, da sinistra a destra, senza porre confini.

Grande euforia, “l'ho preso, l'ho preso”, gridava. Ma la lenza del nostro amico, a causa di quel pesce, iniziava ad accavallarsi alla nostra, e si correva il rischio che tutto si imbrogliasse e che saltasse una giornata di pesca, proprio quando bisognava pescare e tirare su.

E' stato in quel momento che, con il linguaggio degli occhi e con un movimento muto delle labbra, ho detto al mio vicino di panchina: “tagghia”. E immediatamente l'ordine venne eseguito, e la lenza di quell'amico fu tagliata.

“L'ho perso, l'ho perso” ora gridava, ma quando ha raccolto la lenza, ha visto che non aveva più il galleggiante e nemmeno gli ami, e subito ha capito che gli avevamo tagliato la lenza. Arrabbiato ci guardava con spirito indagatore per capire chi fosse stato, ma un rumoroso silenzio faceva tacere le bocche di tutti perchè, come ho già detto, mi temevano, e nessuno osava pronunciare il nome del mandante e nemmeno quello dell'esecutore”.
Conoscevo già da tanto tempo Roberto ma abbiamo iniziato a frequentarci in tempi recenti per aver pregato una sera assieme. Dopo di allora, un comune amico è stato il nostro filo conduttore, e di tanto in tanto ci siamo incontrati per essere andati assieme a piedi a Jaddico, per aver partecipato ad un momento di preghiera ed ultimamente per aver accettato da lui l'invito a pescare assieme ad altri cento, sulla diga di punta Riso.
Quì ho fatto amicizia con altri appassionati della pesca.

Ho conosciuto Rinu malitiempu, perchè quando arriva lui il tempo si mette al brutto; Miminu sparadrittu, perchè non lancia l'esca nel suo corridoio di mare, come fanno tutti, cioè di fronte a lui (così facendo si corre seriamente il rischio che si possa accavallare la propria lenza su quella degli altri); Ezio Kamikaze, perchè quando lancia la lenza, anziché tirare dritto, trasgredisce il principio di ogni regola, ed era come dire “a ci ccoghiu-ccogghiu”; Rocco, il più bravo, il migliore pescatore di tombarelli e lampughe, il braccio meccanico, così chiamato perchè instancabile lanciatore, pescatore intelligente perchè vede e studia il mare; Franco Amore, così chiamato perchè quando lui saluta, a tutti dice: “Ciao, amò”. Questo il motivo per cui, al mattino presto, mi capitava di sentire: “E' venuto Franco Amore?, nome e cognome.

Ed è così che alla fine di una mattinata di pesca, mentre con le bici si raggiungeva la macchina per rientrare a casa, Roberto mi dice: “Sai, a Franco ho parlato di te e del tuo papà. Gli ho detto che già ci conoscevamo e che con la preghiera abbiamo iniziato a frequentarci. Lui mi ha detto che ha da raccontarti qualcosa che ti farà piacere ascoltare, ma non voglio anticiparti nulla, perchè non voglio toglierti la sorpresa. Aspettiamo che sia lui a dirtelo”.

Franco Amore è un coetaneo, pensionato anche lui, e quando viene a pescare si sistema affianco a noi. Per la verità sono io, ultimo arrivato, che mi sono sistemato affianco a loro.

E' stato esattamente il giorno dopo, mentre tutti e tre stavamo pescando, anzi non stavamo pescando, perchè di pesci nemmeno l'ombra, che Roberto rivolgendosi a Franco ha iniziato provocato la conversazione.

“Si, ho conosciuto tuo padre -mi dice Franco-, era il tempo in cui, per lavoro, viaggiavo tanto, andavo a Milano, andavo in Svizzera. Devi sapere che in Svizzera, nella cittadina di Yverdon, conoscono il Santuario di Jaddico. Il parroco di una chiesa cattolica di quella cittadina, con il quale mi sono spesso fermato a parlare quando ancora lavoravo, quando ha saputo che venivo da Brindisi, mi ha chiesto se conoscevo il Santuario di Jaddico. Lui aveva letto la storia su una rivista religiosa che gli arrivava per posta, e ne era rimasto molto incuriosito”.

“Che lavoro facevi?”, chiedo a Franco.

“Il montatore meccanico” mi risponde, e continuando: “Tutti i viaggi li facevo in macchina, e per questo motivo, lungo il percorso mi fermavo a Jaddico per una preghiera da fare vicino alla Madonna, per chiedere protezione per me, per quel viaggio e sopratutto per la mia famiglia. Al ritorno di uno di questi viaggi mi fermai a Jaddico e, dopo essere entrato nel Santuario, mi spostai dietro il muro, dove c'era la statua della Madonna, perchè era lì che stava prima, e nel momento in cui mi misi in preghiera, per trovare maggiore concentrazione, poggiai il borsello sull'inginocchiatoio. Quando rientrai a casa fui subito preso dalle mille cose che bisognava fare, finchè mia moglie mi chiese dove avevo poggiato il borsello, perchè aveva bisogno di soldi di metallo per comperare qualcosa. “Sul mobile d'ingresso”, le risposi, perchè per abitudine io lo poggiavo sempre lì. “Ma sul mobile non c'è!, replicò mia moglie.

Cercai di ricostruire con la mia mente, finchè ricordai. Lo avevo lasciato a Jaddico, lo avevo poggiato sull'inginocchiatoio, e non lo avevo più preso con me.

Pensai subito di andare in questura a denunciarne lo smarrimento, ma era ormai passata un'ora e mezza da quel momento. All'interno del borsello c'erano i miei documenti, il mio passaporto e mezzo milione di lire, che era il compenso di quella trasferta fatta a Milano”.

Intuisco subito che non stiamo parlando di quattro soldi, per cui subito chiedo a Franco: “In che anno accade tutto questo?” Lui capisce bene la mia domanda, e mi risponde: “Tutto questo accadde nei primi anni ’70, per cui quella cifra corrisponde a molto più di 4.000,00 euro di oggi. (Siamo nel 2010). Qualcosa, nonostante tutto, continua Franco, mi spingeva ad andare a Jaddico, anche se non speravo più di ritrovare il borsello, o perlomeno la consideravo una speranza remota. Era passato troppo tempo. Appena arrivato a Jaddico raggiunsi il muro e ci girai intorno, guardai dappertutto, ma il borsello non c'era.

Sta cercando qualcosa?”, mi disse una voce che veniva dalle mie spalle. Mi girai. Era il tuo papà.
“Si, ho scordato un borsello, proprio qui”.
“Di che colore era?
“Marrone”.
“E il suo nome qual è?” continuò tuo papà.
“Mi chiamo Franco Amore”
“Venga con me”, mi disse con un tono di voce molto accogliente.

Andammo in una stanza lì accanto, appena dietro il muro. La porta era già aperta, uno spesso panno faceva da tenda, lo spostò e da lì prese il mio borsello e me lo consegnò.

Non speravo di ritrovarlo, lo aprii e da quei soldi, c'erano tutti, presi un pezzo da cinquantamila che mi affrettai a dare a tuo padre, e lui: “No, non a me, se vuole può offrirlo alla Madonna”.

E' passato del tempo dai fatti appena narrati, ma anche da quando sono stati narrati questi fatti.

Ora Roberto, sfruttando la sua abilità nel fare i nodi da pesca, confeziona coroncine del rosario. Le fa benedire e le regala. Questo il suo modo di evangelizzare.

Franco Amore, invece, ci ha finalmente svelato il suo cognome, si chiama Franco Napoletano. Franco, come sappiamo, ha conosciuto mio padre Teodoro e ama pregare la Madonna. Per questo motivo, ogni volta che lo incontro, mi chiede sempre maggiori dettagli che riguardano i fatti prodigiosi accaduti a Jaddico.

Di recente, con gioia, mi ha confidato: “Ora finalmente, ora che dietro il muro è stato sistemato il quadro dove si vede la Madonna che appare a Teodoro, posso ancora pregare davanti a Lei, come ho già fatto tanti anni fa.
Del tuo papà ricordo ancora il tono della voce che mi dice: “Scusi, sta cercando qualcosa?”
Franco Amore altri non è che Francesco Napolitano.

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